Ma questa volta, per mostrarsi tanto buoni, si sceglie la giornata dedicata alle vittime del terrorismo. Ora non sto a dilungarmi inutilmente su questa mania nazionale delle “giornate”, che trovo che altro non siano che un misto di retorica e ipocrisia. Non è di ciò che voglio trattare.
Voglio parlare dell’incontro, organizzato dal sig. Napolitano, tra la vedova del Commissario Luigi Calabresi e la vedova del ferroviere anarchico Giuseppe Pinelli.
Ora, è chiaro che a prescindere dal fatto che il sig. Napolitano, dopo le non poche dimostrazioni di parzialità che dato, possa essere ancora considerato presidente della Repubblica, a prescindere da ciò, dicevo, come si fa a rifiutare un invito che proviene dal Quirinale? Non sarebbe davvero garbato, e così si realizza un momento tanto commovente quanto pieno di equivoci. E mancheremmo di rispetto al sig. Napolitano se pensassimo che anch’egli non si renda conto di quanto tutta la vicenda è stata poco chiara, poco bella e anche poco rispettosa delle vittime. O forse dobbiamo pensare che lo scopo fosse proprio quello di gettare cortine di fumo? Non lo so, né voglio approfondire questo interrogativo.
Mi limito a notare alcune cose:
1) anzitutto, facendo incontrare le due signore, si è voluto presumere che potesse esserci tra le due inimicizia, da cancellarsi ora con abbraccio televisivo e benedizione quirinalizia. Ma possibile che a nessuno sia venuto in mente, tra i numerosi consiglieri che attorniano il sig. Napolitano, che in questo modo si ponevano le due vittime su uno stesso piano, prolungando così all’infinito un perfido e voluto equivoco? Non sto dicendo che l’uno sia da considerarsi “superiore” all’altro. Ma il piano è diverso. Pinelli era un anarchico, cioè un uomo il cui dichiarato credo politico negava l’autorità dello Stato. Calabresi era un funzionario di Polizia, cioè un uomo chiamato ad applicare proprio quelle leggi che un anarchico non può non rifiutare. Non vi era assolutamente nulla di strano quindi se Calabresi fermava Pinelli e lo interrogava per un attentato dinamitardo. Sulla tragica morte di Pinelli la magistratura ha condotto più di un’inchiesta, concludendo SEMPRE per il fatto accidentale ed escludendo ogni e qualsiasi responsabilità del commissario Calabresi che, tra l’altro, NON ERA PRESENTE NELLA STANZA DELL’INTERROGATORIO QUANDO PINELLI CADDE DALLA FINESTRA. Quindi, alla base di questi fatti, quali sentimenti poteva avere la signora Pinelli nei confronti della signora Calabresi? Non certo di inimicizia, perché non poteva considerare il commissario ucciso come responsabile della morte di suo marito. Né la signora Calabresi poteva portare alcun rancore verso la vedova Pinelli, perché i responsabili della barbara uccisione di suo marito sono ben noti. Quindi, che bisogno c’era di questo teatrale incontro, al quale mancava solo la partecipazione di Maria De Filippi che, con aria pensosa e bonaria, guarda i protagonisti della puntata di “C’è posta per te” che si abbracciano (e possibilmente singhiozzano)?
Se già il sig. Napolitano era tanto ansioso di porre fine a lacerazioni, divisioni, odio, eccetera, dovrebbe ricordare che non può esserci pace se non c’è giustizia. E allora perché non ha speso una parola per deprecare la folle campagna di stampa che si scatenò contro il commissario Calabresi, portata avanti da quel pattume radical-chic, Camilla Cederna et similia in testa? Calabresi era un assassino, questo era l’atto di fede della sinistra, di quella estrema ma anche di quella salottiera e milionaria (peraltro la più diffusa). Poi alcune menti, più deboli delle altre, sobillate da questa campagna di odio cieco e fanatico, progettarono e misero in atto l’omicidio. Calabresi fu ammazzato sotto casa sua, come un cane. Non poca stampa dell’epoca (andate a rileggervi l’Unità e i suoi molti lacché), pur deprecando l’omicidio (bontà loro…) non mancarono però di far notare come questo fosse maturato in seguito al clima che si era creato per la MAI CHIARITA morte dell’anarchico Pinelli. Le cause della morte furono invece, repetita iuvant, strachiarite, e lo erano già quando i mentecatti e belve aspettarono Calabresi sotto casa per sparargli poi alle spalle, secondo la miglior tradizione dei vigliacchi.
Per la cronaca, la “mente” di questa porcheria, ossia il mandante dei killer, Adriano Sofri, condannato con sentenza passata in giudicato, ha fatto ben poca galera, poi è stato scarcerato per gravissimi motivi di salute (fatto curioso: anni fa sembrava che stesse morendo. Gli è bastato uscire dalla galera per ritrovare vigore ed energia…) e ora è conteso editorialista e/o opinionista su giornali e TV, offrendoci la sua sapienza in pratica su tutto. Di recente ebbe anche a scrivere un pezzo in cui spiegava al Papa i concetti cristiani…
Un uomo di tal fatta, se avesse un pelo di dignità, avrebbe pensato a scomparire, a cambiar cognome e continente. Ma il delirio evidentemente è parte integrante del suo comportamento, tra l’altro integrato da lauti compensi.
Poi sarebbe anche opportuno ricordare altri fatterelli, tutt’altro che marginali. Quando Pinelli morì cadendo dalla finestra dell’ufficio in Questura, la sua vedova ebbe subito solidarietà e aiuti. Non credo che ai sinistri che si gettarono in suo soccorso gliene fregasse granché, ma era un’occasione da non perdere. Il prof. Giulio Maccacaro, ordinario di biometria alla Statale di Milano (facoltà di medicina) e uno dei più esagitati contestatori, si affrettò ad assumerla presso il suo istituto, con una procedura che di sicuro non poteva essere regolare, trattandosi di impiego in ente pubblico. Ma tant’è, in certi casi non si sta a guardare per il sottile e si corre in soccorso di una vedova con figli.
La vedova del commissario Calabresi ebbe, oltre la consolazione di vedere scritto sui muri vicino a casa deliranti frasi che inneggiavano all’assassinio del marito, la “solidarietà dello Stato”, il che, col governo di pusillanimi democristiani dell’epoca, era qualcosa tra l’offensivo e l’umoristico. Con due figli piccoli e un terzo in arrivo, ricevette un indennizzo assicurativo di poche decine di milioni, e amen.
Sono passati tanti anni, ma se andate a leggervi un po’ di stampa anarchica e sinistra vedrete che sul cadavere di Calabresi si sta sputando ancora. Nessuno dei delinquenti (è l’unica parola che mi viene come adeguata) che all’epoca sottoscrissero manifesti e “appelli” in cui Calabresi veniva definito come assassino si è sentito in dovere di esternare il proprio pentimento e di supplicare il perdono della vedova. Ma quando mai! Si trattava delle menti più illuminate del nostro Paese, che quindi devono avere il tempo di fare, serie e pensose, revisioni critiche e riletture attente della Storia. Camilla Cederna, Umberto Eco, Margherita Hack (per non dirne che alcuni), avete un briciolo di coscienza sotto le vostre scarpe e i vostri milioni?
Certo, se uno fosse maligno potrebbe addirittura pensare che il sig. Napolitano abbia messo in piedi una sceneggiata che ha proprio l’effetto di calare il sipario su uno dei più ripugnanti episodi della Storia della sinistra in Italia. Ma di certo non è così. Sappiamo tutti che il sig. Napolitano è “super partes”. L’ha già dimostrato così tante volte…
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