OMOSESSUALI - OMOFOBIA ECCETERA
Il sindaco di Roma, Alemanno, depreca con decisione questi atti di violenza e assicura che l'ordine pubblico nella capitale sarà sempre garantito, e che questi gesti hanno anche l'aggravante dell'omofobia.
Del resto, che poteva dire, il sindaco?
Ora, partiamo da un presupposto indiscutibile. L'accoltellatore di Roma, come il misterioso incendiario, non hanno alcuna giustificazione. Sono dei cretini, e dei cretini criminali. Personalmente vedere due uomini (o due donne) che si scambiano effusioni in pubblico mi fa un tantino schifo, ma se sono convinto che stiano dando pubblico scandalo, magari per la presenza di bambini, allora chiederò l'intervento delle forze di polizia. E se sono convinto che un locale sia un porcaio. non per questo ho il diritto di dargli fuoco.
Ma sono altrettanto convinto che i primi a doversi mettere una mano sulla coscienza (purché ne dispongano...) sono tutti quelli che in questi ultimi anni ci hanno sommerso di sconcia pubblicità omosessuale, di manifestazioni di "orgoglio" che stanno tra il comico e il vomitevole, di propaganda (anche nelle scuole!) assolutamente falsa e malata, per dimostrare che tra omosessualità ed eterosessualità non vi è alcuna differenza.
Tutti costoro ci hanno alluvionato con l'omosessualità, quasi che fosse un problema nazionale la "liberazione" dei vari invertiti, lesbiche, transgender (a tutt'oggi non ho capito di preciso cosa siano), trisessuali, eccetera eccetera. Questi sciagurati hanno fatto di un problema anzitutto personale e patologico, che colpisce peraltro una minoranza, una specie di vessillo, arrivando a impedire, col terrorismo psicologico, le cure psichiatriche (che spesso danno ottimi risultati) agli omosessuali desiderosi di tornare a una vita affettiva normale.
Gli omosessuali sono sempre esistiti, e, mi riferisco almeno al nostra Paese, nessuno ha mai impedito loro di lavorare, fare carriere, avere una vita normale. Soprattutto, una banale norma di civiltà voleva che si lasciassero in pace e nel silenzio, essendo spesso loro stessi i primi a vivere sofferenza e disagio dalla propria condizione.
Tanti anni fa avevo un collega omosessuale. Una persona squisita, correttissima, la cui omosessualità era nota, ma nessuno ne parlava nell'ambito del lavoro, proprio per rispetto al problema che quest'uomo viveva. Ricordo un particolare significativo: quando mi sposai, mi fece gli auguri e mi parlò di amore e di famiglia in un modo struggente, come avrebbe fatto chi a queste cose aspirava, ma si rendeva conto che erano per lui lontanissime.
Mi limiterei a una domandina semplice: "perchè"?
A quando le celebrazioni dell'orgoglio dei diabetici, o degli enfisematosi, o dei biondi e dei bruni, o degli zoppi, o dei sordomuti?
Direte: sono scemenze. OK. Ma cosa c'è di intelligente nel proclamare un orgoglio omosessuale?
Se pensiamo che personaggi come un Vladimiro Guadagno sono addirittura arrivati al Parlamento, c'è da rabbrividire. Le sua biografia è stata portata ed esempio di una vita coraggiosa e lodevole. Ad esempio, per pagarsi gli studi universitari spesso si prostituiva. Fantastico. Peccato che ci siano tanti giovani che si pagano gli studi facendo mestieri umili e faticosi...
- non si ecciterebbero cervelli deboli come quelli di un Alessandro Sardelli di Roma, convinto forse, nel suo delirio, di dover ripulire il mondo. Qualcuno forse ricorderà la coppia criminale che agiva a Milano sotto il nome di "Ludwig". Erano gli anni in cui imperversavano i cinema a luci rosse, ora soppiantati dalle videocassette. Ebbene, i due matti "Ludwig" tra l'latro dettero anche fuoco a un cinema di Milano, causando, se ben ricordo, anche la morte di alcuni spettatori.
Col che non voglio assolutamente assolvere (l'ho già detto prima) accoltellatori e incendiari. Ma vorrei che quanti hanno fatto dell'omosessualità (una patologia che è sempre esistita) un motivo di grancassa politica, si mettessero una mano sulla coscienza. E' ovvio, come si diceva: la coscienza bisogna però averla...
e proseguiamo con:
I MEDICI HANNO DIRITTO DI VITA E DI MORTE SUL PAZIENTE ?
Il caso è noto. In Inghilterra un giovane, di sicuro degno di essere preso a calci, viene ricoverato in coma etilico dopo aver bevuto trenta (dicasi trenta!) lattine di birra. Roba da mandare in coma un bue. Quando i medici riescono in qualche modo a rianimarlo, il deficiente non trova di meglio che scappare per andare a ubriacarsi di nuovo. Ovvio rientro in ospedale, con un’epatite acuta e una prospettiva di vita di poche settimane. Il fegato di questo paziente è ormai ridotto a uno straccio, e solo un trapianto potrà salvargli la vita.
Ma i medici dell’ospedale in cui il ragazzo è ricoverato negano il trapianto. Il motivo? Il paziente non ha dato “segni di ravvedimento”, ossia non ha dimostrato di essere in grado di star lontano dall’alcol per almeno sei mesi. E quindi, che crepi.
I genitori ora si rivolgeranno a un tribunale, e staremo a vedere come finirà questa drammatica situazione, né conosciamo la legislazione inglese, per poter azzardare un pronostico.
Ora, con quale autorità il medico, il cui compito è sempre e solo quello di curare e fare ogni possibile azione per salvare la vita del paziente, può ergersi a censore e giudicare chi è, o meno, meritevole di continuare a vivere?
Ci rendiamo conto benissimo che in materia di trapianti spesso il medico si trova di fronte a dilemmi che più che angosciosi sono tragici, laddove vi sia una richiesta eccessiva di organi sani a fronte della disponibilità degli stessi. Se devo effettuare un trapianto di cuore a due pazienti e dispongo di un solo cuore trapiantabile, dovrò operare una scelta lacerante e difficilissima.
Ma la motivazione dei medici inglesi prescinde dalla disponibilità di organi trapiantabili. Esplicitamente, il giovane, cretino quanto si vuole, ma anch’egli essere umano, non “è degno” di trapianto di fegato perché è, potremmo dire, uno che le grane va a cercarsele, e quindi vada pure in malora.
Se passa come lecita una condotta di questo tipo, in futuro non si dovranno più curare miriadi di malati o infortunati, perché sono tantissime le patologie derivanti da colpa del malato. Vogliamo fare solo alcuni esempi?
- incidentistica stradale. Perché curare chi ha causato l’incidente? Se avesse guidato bene, e non da cretino, non gli sarebbe accaduto nulla.
- E perché curare il tentato suicida, che non sia riuscito nel suo intento? O perché tentare di dissuaderlo?
- E se un malvivente viene ferito dalla polizia in una sparatoria, che ragione c’è di curarlo, quando solo la sua condotta illecita è la causa delle sue lesioni?
Una vecchia massima di saggezza diceva che “il potere assoluto corrompe assolutamente”, mentre
Magistrati e medici esercitano un potere incontrollato, né rispondono mai delle loro azioni. Di fatto sono dei dittatori, e se non sono retti da profondi riferimenti etici, a un certo punto sguazzano nell’autoesaltazione della loro potenza. E quale manifestazione di potenza supera quella di poter disporre della vita e della morte di un uomo?
Non per niente Eichmanno ebbe a dire di sé stesso, riferendosi ai dirigenti della comunità ebraica austriaca, perseguitati dopo l’annessione alla Germania: “Essi mi consideravano come una specie di dio…”
E con quale autorità un medico può giudicare chi è “degno” di vivere?
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