n. 1 - SQUALLORE (O IDIOZIA ALLO STATO PURO?)
Però per un imperscrutabile motivo la signora Mantovani è stata nominata (ovviamente nelle liste del coso, del PD) assessore alla Cultura del Comune di Bologna. E Bologna, per chi non lo ricordasse, è la città che vanta la più antica Università del mondo, è da sempre insomma un simbolo del Sapere, degli studi dotti e seri. Tant’è che un tempo si usava dire che ciò che veniva da quell’Ateneo era indiscutibile: “Bononia semper docet”.
Che ci fa una signora Mantovani, che non è docente di alcunché, né studiosa di un bel nulla, bensì solo, con tutto il rispetto per la categoria, ex-segretaria del grande tenore, alla direzione di tale assessorato nella città simbolo della Cultura, resta avvolto dal mistero. Ma tant’è, le migliori tradizioni nazionali ci hanno dato ignorantoni anche a dirigere ministeri e non ci scandalizzeremmo davvero solo per il fatto che una ex segretaria diviene assessore alla Cultura. Quando però questa personaggia, che ora riveste una funzione pubblica, scade in un misto di squallore – trivialità – idiozia, e ci scade proprio come assessore alla Cultura (come privata cittadina può farsi tutte le porcate che vuole), allora ci sentiamo offesi, perché Bologna, con le sue tradizioni e la sua Storia, non è un feudo di quattro piccoli maniaci, ma è un patrimonio di tutti gli italiani.
Che ha fatto la signora Mantovani? Non ha trovato nulla di più intelligente, spiritoso, molto “politicamente corretto” che esordire come assessore alla Cultura partecipando a una festa di invertiti che avevano organizzato il concorso di “Miss Alternativa”, ossia di reginetta dei travestiti. Il tutto è avvenuto nel circolo i”Il Cassero” che, ci informano, è uno dei luoghi storici dei guazzabugli sessuali, dove si trovano tutti questi poveracci un po’ uomini e un po’ donne, omosessuali, lesbiche, tri e pentasessuali, travestiti o travestite, eccetera. Insomma, un circolo di pervertiti che però, finché si fanno i fatti loro, hanno tutto il diritto di farseli. Contenti loro…
Ma la cosa è un po’ diversa se un rappresentante della giunta cittadina interviene a questa bella festa, perché vuol dire che se ne infischia del suo ruolo pubblico, che sputa in faccia ai molti italiani che di queste schifezze ne hanno le scatole piene, e che fa scadere a un livello da vespasiano il ruolo della Cultura in una città che, lo ripetiamo, è il simbolo stesso della cultura.
Ma l’idiozia, ben iniziata, non poteva che finire in bellezza. E la congrega di poveri pervertiti conclude la bella festa regalando alla gentile signora Assessore alla Cultura, un penone (sta per “grosso pene” ossia grosso organo sessuale maschile) in metallo, dotato di piedestallo, sicché possa, ad esempio, troneggiare sulla scrivania, simbolo del livello del c… a cui è giunta certa politica in questo sventurato Paese.
E la signora assessore che fa? Trova la cosa tanto ma tanto spiritosa, e accetta ben volentieri il regalo, facendosi fotografare sorridente col suo penone metallico ben stretto in mano.
“Un regalo non si rifiuta mai” dichiara la rappresentante della cultura di Bologna. E forse nel suo cervellino è convinta di aver fatto una cosa tanto spiritosa e tanto simpatica. Ma dimostra solo di non aver capito nulla. Lo spirito di Bologna, spesso definito “grasso” per il gusto della battuta pesante, non ha nulla a che vedere con queste cretine e inutili manifestazioni di pura volgarità. È risaputo (meno che a certi politici) che la tradizione goliardica, vivissima a Bologna, imponeva lo scherzo pesante, la battuta a sfondo sessuale, in genere così gigantesca da risultare volutamente grottesca. Qualcuno ricorda cos’erano i famosi “papiri” che le matricole dovevano acquistare dagli “anziani”, anzi dai “divini anziani”? Ma erano i tempi in cui allo spirito pesante, per altro esercitato da ventenni, non da responsabili pubblici, si univa una serietà negli studi proverbiale. E anche il ventenne sapeva farsi onore e fare onore alla città Tempio della Cultura.
Ora, cos’è rimasto di Bologna la grassa, ma anche “la dotta”? E’ rimasto il sorriso ebete di una piccola donna, che deve la sua carriera solo a una illustre vedovanza, che strige sorridendo tra le mani una specie di incubo da psicanalisi, perché, anche nelle dimensioni, pare un tantino esagerato. Ma lei lo stringe, felice di essersi dimostrata così allineata, conformista senza ombra di dubbio.
Vada, la signora Mantovani, a riascoltare la voce del suo defunto marito che canta “che gelida manina”. Senta la poesia di quei versi, la dolcezza di quella musica, la strepitosa bravura di quella voce sublime. Magari capirà qualcosa di più dell’amore, inteso come atto poetico, come moto anzitutto dell’anima.
E forse allora rifletterà un po’ sulla sua partecipazione a un festino di poveri malati, che soffrono di idea fissa del sesso, peraltro inteso solo come sfogo di voglie animalesche, e oltretutto nemmeno secondo natura.
Forse rifletterà guardando il suo penone sulla scrivania, chissà. Intanto a noi, poveri fessi di cittadini comuni, resta lo squallore di una politica che ormai non ha più niente da dire, la vomitevole ipocrisia di una sinistra che ha fatto la moralista con Berlusconi, salvo poi gettarsi in queste pozzanghere melmose di perversione.
Signora Mantovani, lei è ancora troppo giovane per rassegnarsi ad essere già morta, nel cervello e nell’anima. Se la vicinanza di Pavarotti, sregolato quanto si vuole, libertino quanto si vuole, ma spirito artistico e sensibile al bello (e il bello è sempre espressione di Dio), se la vicinanza di Pavarotti, dicevamo, non Le è servita solo per il saldo di conto corrente, ma ha lasciato almeno una piccola traccia in Lei, restituisca il penone, chieda scusa agli elettori, e si ritiri dalla politica.
Non lo vuole il moralismo. Lo vogliono il buon gusto, l’intelligenza, la dignità.
Auguri
Evviva. Dopo Ignazio Marino, che deve avere un po’ di confusione in testa, perché ha posto la “questione morale” per il fatto che lo stupratore seriale di Roma era un dirigente locale del coso, del PD, scordandosi che lui stesso, Marino, è una “questione morale”, avendo avuto parte attiva in un omicidio, dopo questo bel figuro, ora arriva a darci parole di saggezza un uomo che era bravissimo a fare il buffone, era spiritoso, simpatico, poi deve aver battuto la testa contro qualche spigolo duro e si è scoperto guida morale e coscienza del Paese: Beppe Grillo.
Tra l’altro c’è un aspetto davvero curioso: questi personaggi si stanno scannando tra loro per conquistare, in buona sostanza, la prima poltrona di un obitorio. Nessuno sa di preciso cosa sia il coso, il PD, tutti sanno con sicurezza che dacché esiste ha avuto come maggiore occupazione (oltre ai deliri contro Berlusconi) quella di collezionare sconfitte su sconfitte. Però c’è chi aspira a guidarlo. Necrofilo o scemo? Boh!
A me pare però che la soluzione migliore sarebbe, a questo punto, una bella diarchia: Marino e Grillo, l’assassino e il buffone. Forse esprimono meglio di tutti gli altri l’anima profonda del coso, del PD. Il primo è l’individuo che ormai non ha più contatto con la realtà, che parla di “libertà”, ma la sua è libertà di morire e uccidere. Forse non è giusto chiamarlo omicida, perché è semplicemente suonato, ma è un suonato pericoloso, perché si batte per il “diritto” di ammazzare i pazienti che possano dare troppi fastidi a medici e/o a parenti. Il secondo è messianicamente convinto di avere il dono della Verità e della Moralità. Forse ha solo un pessimo pusher. Di sicuro è meno pericoloso di Marino, può anche essere divertente, e comunque è un vero simbolo della sinistra: Non aver nulla da dire, ma urlarlo.
Vivi auguri di lunga vita al coso, al PD. Il SuDario può togliersi l’espressione mesta dal volto. Comunque vada, l’avvenire del coso, del PD, è assicurato…
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