domenica 23 agosto 2009

L'ARGOMENTO DELLA SETTIMANA - 17-23 AGOSTO 2009

Anzi, gli argomenti sarebbero due, ma sono uniti tra loro da un comune denominatore, ossia:

IL PUDORE E' STATO ASSASSINATO - NON E' STATA APERTA ALCUNA INDAGINE

C'era una volta a Torino, tanti anni fa, un giornalone che si chiamava La Stampa. Era un po' come il Corriere per Milano, o Il Mattino per Napoli. Era insomma uno di quei fogli che si usavano definire "autorevoli", sia per il livello dei giornalisti che li componevano, sia per la serietà di quanto si trovava scritto.

Con "c'era una volta" iniziano tutte le fiabe. E anche questa, come tutte le belle fiabe di una volta, si direbbe morta e sepolta.

Ma qui non abbiamo da raccontare fiabe, bensì realtà tutt'altro che belle ed edificanti. Mi riferisco a due episodi, che hanno vivacizzato un po' la settimana di fine vacanze, emergendo dal torrido caldo. In entrambi gli episodi si è avuta la conferma di un crimine: l'assassinio del pudore. E in entrambi gli episodi è implicato quello che, per colpa di persone evidentemente inadeguate che ormai lo guidano, è diventato uno dei tanti fogli, omologati, sciocchi, ripetitivi, che si stampano in Italia: l'ex giornalone di Torino, "La Stampa".

Il pudore è stato assassinato e di sicuro non verrà aperta alcuna indagine, perchè l'assassinio è stato consumato davanti agli occhi di tutti, però ha rispettato i canoni di quello strano gruppetto di marziani, tanto urlacchianti quanto minoritari, che continuano ad essere convinti di avere da spargere la verità su un povero popolo di imbecilli, ipnotizzati dalle tv di Berlusconi. Nel gruppetto ci sono giornalisti, politici (molti dei quali trombati alle ultime politiche), magistrati per i quali la legge è uguale per tutti (salvo il fatto che alcuni sono più uguali di altri). E ci sono quelli che si usa definire "maître à penser", ai quali vorrei sempre chiedere due cose: che pensano e come campano...

Ma passiamo ai fatti, iniziando da quello meno grave. Mercoledì 19 agosto La Stampa pubblica una prima pagine di Avvenire, il quotidiano della CEI, giornale i cui toni sono tra l'altro in genere consoni alla specificità dei suoi riferimenti. Orbene, in questa prima pagina di Avvenire, sulla quale La Stampa scrive: "Così Avvenire sul Presidente del consiglio", compare una foto del Papa e di Berlusconi con un titolo clamoroso: "Il Papa a sorpresa: Silvio, ora basta". Poi, nell'occhiello, lo stesso Pontefice dichiara: "mi aveva promesso politiche per la difesa della famiglia, poi ho scoperto che la famiglia era la sua e quella di suo fratello Paolo".

Ragazzi che roba! Il Papa che rimprovera così Berlusconi. E' tale l'entusiasmo dei pennivendoli della Stampa, che nessuno di loro si ferma un attimo a riflettere su alcune cose strane. Anzitutto il linguaggio del Papa, a dir poco inusuale, con quel "Silvio", e la battuta sarcastica sulle politiche per la famiglia. Quando mai un Pontefice si rivolgerebbe a un Capo del governo dandogli del tu e chiamandolo per nome? Poi è un po' strano che la super-notizia non sia già stata ripresa da altri giornali e dai notiziari radio e televisivi. Ma si sa, l'entusiasmo può giocare brutti scherzi e quando si tratta di sparare su Berlusconi non si guarda per il sottile. Magari non si ragiona nemmeno, tutti presi dall'ansia di dimostrare fino in fondo il proprio conformismo. Infatti con un minimo di ragionamento ci si soffermerebbe su una incongruenza: se quella è la prima pagina di Avvenire, come mai porta nella testata il logo speciale con cui il giornale della CEI celebrava i suoi quaranta anni di vita, il che avveniva nel 2007? Quindi è una prima pagina di due anni fa? Ma due anni fa non era al governo il Mortadella?

Insomma, come avrete già ben capito, si trattava di una colossale bufala. Un falso, uno scherzo goliardico, emerso in poche ore, quando qualche lettore si è stupito, interessato, ha telefonato ad altri giornali... Qualcuno aveva probabilmente fatto un po' di giri sul sito di Google, settore immagini, e aveva trovato questo fotomontaggio, che può risultare anche divertente per farsi quattro risate tra ragazzi. Ma da qui a pubblicarlo senza riflettere un attimo, scrivendo che quello era il giudizio del Pontefice su Berlusconi, riportato dal giornale della CEI, ce ne passa. Passa la differenza tra fare un quotidiano e fare un foglietto per ragazzini in vena di scherzi. Soprattutto passa la differenza tra fare il giornalista in modo serio e avere solo la preoccupazione, ossessiva ormai, di parlar male di Berlusconi.

Poi, le inevitabili imbarazzate dichiarazioni. Il direttore della Stampa era assente, e il capo-redattore, in sua vece, ammette la figura da pirla. Bontà sua. Il direttore di Avvenire, con molta sobrietà, si limita a dire che chiunque avrebbe dovuto capire che si trattava di un fotomontaggio. Dove quel "chiunque" vale più di mille critiche.

Ora, non si dica che a tutti può capitare un errore. Nel clima di linciaggio morale quotidiano che tutto un fronte della sinistra putrefatta alimenta contro Berlusconi, l'episodio è invece molto significativo. Un giornale serio in genere controlla le fonti. Ma davanti alla possibilità di sparare a zero sul Presidente del Consiglio, si perde la testa, si perde la capacità di ragionare, si perde quel pudore che contraddistingue in genere le persone serie.

E dispiace fare un'altra notazione. L'ex giornalone La Stampa è diretto da Mario Calabresi. Suo padre, il commissario Luigi Calabresi, morì assassinato proprio dopo una forsennata campagna di odio scatenata contro di lui da una sinistra irresponsabile a cui, anche allora, si erano accodati i soliti conformisti, sempre preoccupati di apparire più realisti del re. L’accusa rivolta al commissario Calabresi era del tutto infondata, ma la campagna di odio, ossessiva e martellante, fu tale da colpire a un certo punto qualche cervello più malato degli altri, e ad armare la mano assassina. Insomma, chi meglio di Mario Calabresi dovrebbe conoscere i terribili effetti a cui può portare la continua e maniacale istigazione all’odio?

e passiamo al secondo argomento...

Ma La Stampa in questa settimana ha voluto fare, in materia di assassinio del pudore, gli straordinari. E infatti non possiamo non notare un’altra chicca fantastica. E oscena.

Si parte da una notizia vera e drammatica. Un’infermiera dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino è indagata per omicidio. Si sospetta infatti che, iniettando a un malato in coma una dose eccessiva di antidolorifico, lo abbia ucciso, forse nella distorta convinzione di “abbreviarne le sofferenze”.

Orbene, non sarebbe che uno dei molti casi in cui menti malate e contorte si attribuiscono il diritto di decidere sulla vita e la morte di altri. Ogni omicidio, anche se il colpevole dal punto di vista giuridico era “in grado di intendere e di volere”, nasconde una patologia, un rapporto stralunato con gli altri e con la realtà. A questo punto può senza dubbio essere interessante, per un giornale serio, intervistare uno psichiatra, o un criminologo. Ma La Stampa vuole strafare e intervista il più accreditato esperto in Italia in materia di eutanasia (così viene chiamato il fatto di togliersi di dosso il fastidio di dover curare un malato. Basta ucciderlo). Chi meglio di Beppino Englaro, l’uomo che ha dedicato anni della sua esistenza per realizzare il suo progetto di accoppare la figlia, può parlare di eutanasia?

Al Beppino, che ammazzando una figlia ha potuto tra l’altro soddisfare il suo scatenato narcisismo, non par vero di dire la sua. Aveva promesso mille volte di “non parlare più” e mille volte aveva bluffato. Aveva assicurato che non si sarebbe dato alla politica e ora sta sgomitando per trovare anche lui un posto al sole nel coso, nel PD. (mi si consenta: quasi un anno fa, sulle pagine del forum di Storia Libera dedicate all’eutanasia, scrivevo che era da attendersi una trionfale entrata in politica del Beppino. Allora qualcuno mi diede della carogna, dell’uomo cinico che non rispettava il dolore di un padre…).

Orbene, se il Beppino fosse un uomo e non un quaquaraqua, avrebbe rifiutato l’intervista, impegnato a macerarsi nel suo dolore e magari, addirittura, a chiedersi la liceità di quanto aveva fatto. Ma il Beppino non è un uomo: è un piccolo omarino, a cui la ribalta piace in modo devastante e che per averla non ha esitato ad ammazzare sua figlia. È senza dubbio un malato, ma un malato pericoloso, perché privo di ogni senso morale. E rilascia un’intervista a dir poco pazzesca. “E’ un caso sconvolgente perché la persona… non ha fornito elementi per stabilire quale fosse la sua volontà”. E poi: “… medici e infermieri sono chiamati deontologicamente e giuridicamente a salvare la vita dei pazienti”.

C’è da restare allibiti. Questo omarino, che senza poter fornire alcuna prova delle reali volontà della figlia, ha martellato per anni finché ha trovato i magistrati giusti per omologare la sua fissazione, al quale è venuto in soccorso addirittura il comunista Napolitano, bloccando il decreto legge con cui il governo aveva tentato tardivamente di salvare la vita di Eluana Englaro, questo omarino ha la spudoratezza di parlare di “dovere” del personale sanitario di salvare la vita del paziente? Lui che si è dato da fare proprio per trovare il personale sanitario disposto a seguirlo nella sua malata strada di distruzione?

E poi, che vorrebbe mai dire la fola delle “volontà” del paziente? La vita non è una proprietà privata, tant’è che si cerca anche di salvare l’aspirante suicida, che pur da una dimostrazione inequivocabile della sua volontà di morire.

Ma questi sono i devastanti risultati del relativismo: non esistono più regole (tanto meno quelle cristiane: sarebbe uno scandaloso attentato al feticcio dello Stato laico!) e a poco a poco la mente si disperde, perché non ha più punti di riferimento.

Il relativismo crea dei mostri. Nella fattispecie, ha creato un padre capace di volere una cosa contro natura, come la morte della figlia.

E dallo splendido incontro tra La Stampa, ex giornalone, e Beppino Englaro, ex uomo, abbiamo questa chicca. Beppino Englaro che si scaglia contro l’eutanasia. Insomma, se non è fatta da lui, non va bene

Tanti sinistrati dedicano gran parte del loro tempo a elencare le scellerataggini sessuali- vere o presunte – del Presidente del consiglio. Ma qualcuno si rende conto dell’abisso in cui si sta precipitando? Qualcuno si rende conto che la vita umana ha sempre meno valore, tant’è che un figuro come il Beppino (che starebbe bene in una buona e solida cella, con chiave buttata in mare) diventa una star?

Dottor Mario Calabresi, dica qualcosa! Almeno, sul suo ex giornalone faccia pubblicare un necrologio del pudore. Può sempre scrivere che è stata ucciso perché figlio di una visione superata della Società…

Per la cronaca: Beppino Englaro sarà una delle attrazioni della Festa del coso,del PD, di Piacenza. Alle ore 18 del 6 settembre terrà anche un comizio. Se qualcuno non sa dove andare a vomitare, ecco fornito un indirizzo sicuro

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