martedì 20 gennaio 2009

ELUANA ENGLARO - IL PARERE DI UN MAGISTRATO

Dai cari Amici del Comitato Verità e Vita ho ricevuto, e pubblico subito, un ottimo articolo del magistrato Francesco Maria Agnoli, già membro del CSM, autore di numerose pubblicazioni. L'articolo è utilissimo per fare chiarezza sugli aspetti giuridici della vicenda di Eluana Englaro

INIZIA:


Cari amici,

vi trascrivo qui di seguito un articolo che ho pubblicato sulla "Voce di
Romagna" e che spero posso avere la maggiore diffusione possibile a
scopo... preventivo. Non è, difatti, male che medici e operatori sanitari
aspiranti esecutori della supposta sentenza, il cui dispositivo è diverso
da quanto probabilmente credono, siano messi al corrente della possibilità
di incorrere in responsabilità penali.


Francesco Mario Agnoli


SENTENZA ENGLARO? UN SEMPLICE DECRETO

Di fronte alle difficoltà incontrate per dare corso al provvedimento
giudiziario che lo autorizza a rimuovere il sondino che consente la
nutrizione e l'idratazione della figlia (o, più probabilmente, la facilita
dal momento che si è di recente appreso che la giovane donna in coma è in
grado di deglutire e, quindi, di essere nutrita per via naturale) Beppino
Englaro ha affermato, dalla ribalta televisiva: "Viene da pensare che in un
paese come l´Italia non ci sia un minimo di civiltà. Perché non lasciare
attuare le sentenze passate in giudicato è preoccupante per la nazione, è
un fatto che ci riguarda tutti e chiamarsi fuori da situazioni del genere è
pericoloso". 
Beppino Englaro non è uomo di legge (lo sono però i suoi avvocati e la
curatrice nominata ad Eluana dalla Corte d'appello di Milano) ed è
ammissibile che faccia qualche confusione. In realtà non vi è nessuna
sentenza passata in giudicato. La cosiddetta "sentenza" è un semplice
decreto emesso in sede di volontaria giurisdizione e come tutti i
provvedimenti di volontaria non solo non può passare in giudicato, ma è
emesso "rebus sic stantibus", il che significa che può essere modificato o
revocato se emergono fatti nuovi o se le circostanze che ne hanno
giustificato (ad avviso del giudice) l'emanazione sono cambiate. E',
appunto, il caso di Eluana per essere emersa una circostanza non tenuta
presente dai giudici milanesi: la sua capacità di deglutire naturalmente
e, quindi, la possibilità di mantenerla in vita anche senza utilizzare il
sondino. Particolare tutt'altro che insignificante anche perché il decreto
della Corte di Appello autorizza unicamente "l'interruzione del trattamento
di sostegno vitale artificiale (...) realizzato mediante alimentazione e
idratazione con sondino naso-gastrico", ma non anche l'omissione di altri
mezzi (se possibili) di nutrizione, il che potrebbe esporre a denunce e a
responsabilità penali i medici che dopo avere rimosso il sondino
abbandonassero la giovane donna al suo destino senza accertare la
possibilità di nutrirla e idratarla per le vie naturali.

Inoltre il presupposto di fatto sul quale si regge l'intera impalcatura
giuridica che ha portato al rilascio dell'autorizzazione è la certezza
"medico-scientifica" dell'irreversibilità dello stato vegetativo. Le
sentenze (queste sì) della Cassazione hanno battuto e ribattuto sul punto
che "la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso
apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento
medico, secondo gli standards scientifici riconosciuti a livello
internazionale, che lasci supporre la benché minima possibilità di una
qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno ad una
percezione del mondo esterno". I giudici milanesi al momento di emettere il
decreto hanno ritenuto che gli standards loro noti giustificassero questa
conclusione, tuttavia subito dopo quanto meno messa in dubbio dalla notizia
che un nuovo metodo utilizzato alle Molinette di Torino aveva assicurato
ad un'altra giovane in stato vegetativo permanente un "sia pure flebile
recupero della coscienza e di ritorno ad una percezione del mondo esterno",
per di più suscettibile di ulteriori progressi. 
Si sono, quindi realizzate le condizioni se non altro per un riesame di
un provvedimento insuscettibile, per sua natura, di passare in giudicato e
che ha il suo presupposto in una situazione di fatto che sembra essersi
modificata.
Inevitabile chiedersi perché nessuno intervenga. Il fatto è
che la magistratura giudicante (Tribunali, Corti di appello, Cassazione)
può muoversi solo se sollecitata da soggetti (privati o pubblici)
legittimati a farlo. Nel caso di Eluana, disciplinato dalle regole della
volontaria giurisdizione, sono legittimati solo il padre-tutore, che
considera intoccabile il decreto (scambiato per una sentenza), e la
curatrice, fin dal primo momento totalmente appiattitasi sulle posizioni
del tutore. Purtroppo, per quanto strano possa sembrare, le norme vigenti,
per altro dettate in un momento nel quale nemmeno s'immaginava la
possibilità di simili provvedimenti non attribuiscono questo potere di
iniziativa al pubblico ministero, che pure ne è titolare in casi di assai
minore rilievo. Forse (ma è arduo ed improbabile) la difficoltà potrebbe
venire superata attraverso un'opera di interpretazione delle norme vigenti
"costituzionalmente orientata", in definitiva non troppo diversa da quella
che ha consentito per la prima volta in assoluto ad un giudice italiano di
emettere in sede civile un provvedimento di morte.

Francesco Mario Agnoli

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